Edizione del 15 Settembre 2016
La cartella non notificata riapre i termini per l’opposizione! A rischio le iscrizioni a ruolo!
La mancata notifica della cartella di pagamento mette in discussione,e giustamente, il credito iscritto a ruolo dall’ente ,ponendo il contribuente nelle condizioni di ricorrere anche a posteriori impugnando l’iscrizione a ruolo di cui avrebbe avuto semplice notizia attraverso un’indagine conoscitiva svolta presso gli uffici del Concessionario.
Questo è quanto afferma la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 17789 del 08/settembre 2016 con cui sostanzialmente conferma la legittimità dell’impugnazione del contribuente avverso l’estratto di ruolo, attivata molti anni dopo l’emanazione della cartella di cui non era stata provata la rituale tempestiva notifica.
Per gli Ermellini “il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”, anche perché “l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisce l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non esclude la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima”.
La notifica ai familiari è valida anche se non conviventi
Relativamente alla notifica a mani diverse dal contribuente si sono scritti fiumi di parole e la giurisprudenza spesso contrastante non si è certamente risparmiata. Analizzando il secondo comma dell’art. 139 del cpc,che poi è la norma base, anche per le notifiche tributarie, in quanto espressamente richiamato dell’art.60 del DPR.600/73,così si legge” Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario ( il messo comunale) consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, allo ufficio o all’azienda , purchè non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
La questione da sempre dibattuta riguarda lo status di “ convivente” della persona di famiglia,occorre cioè stabilire se,la persona di famiglia che si riceve l’atto notificato, deve essere “convivente”, cioè deve vivere sotto lo stesso tetto del destinatario.
Ebbene,per molto tempo anche varia giurisprudenza ha ritenuto indispensabile che la persona di famiglia fosse e quindi si dichiarasse convivente.
Ultimamente invece si è manifestata da parte della giurisprudenza una forte tendenza in senso contrario, confermata dalla recente sentenza della Cassazione n. 16499 dello scorso 05 agosto 2016 che conferma la legittimità della notifica eseguita a mani della cognata del contribuente, presso il domicilio di quest’ultimo, anche se non convivente.
A seguito dell’opposizione proposta dal destinatario che eccepiva proprio che la cognata non “ conviveva con il contribuente” i Supremi giudici affermano che “il fatto che dalla “certificazione anagrafica” è emerso che la donna “non conviveva con il contribuente”.è irrilevante. Continua la Cassazione chiarendo che “il concetto di ‘persona di famiglia’” è ora ampio, fino a ricomprendervi “non solo i parenti ma anche gli affini”, e senza alcun riferimento specifico alla “convivenza col destinatario” dell’“atto”.
Le amministrazioni locali che erano soggette al patto di stabilità possono finanziare assunzioni di personale a tempo indeterminato con i resti delle capacità assunzionali del triennio precedente non utilizzati?
Le amministrazioni locali possono utilizzare i resti delle capacità assunzionali del triennio precedente che non sono già stati utilizzati per finanziare nuove assunzioni. Quindi nel 2016 si possono utilizzare i resti delle capacità assunzionali del 2013 (per questo anno vi sono pareri differenti tra le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti), del 2014 e del 2015. Vi sono pareri differenti tra le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti sulla necessità che la utilizzazione di queste capacità assunzionali fosse già stata programmata nel fabbisogno.
Quali sono i tetti per le assunzioni di personale nel 2016 negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità?
Negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità il tetto è fissato in relazione al numero dei dipendenti cessati, viene cioè consentito il turn over completo. Sulla base delle previsioni della legge di stabilità 2016 si può andare fino al 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni.
Quali sono i tetti di spesa per le assunzioni di personale nel 2016 negli enti che erano soggetti al patto di stabilità?
Il tetto di carattere generale è fissato nel 25% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente. Questa percentuale sale allo 80% per le assunzioni del personale in sovrannumero degli enti di area vasta. Essa sale al 75% per i comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti che hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione inferiore a quello previsto per gli enti dissestati. Arriva per il solo 2016 al 100% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente negli enti che hanno un rapporto tra spesa del personale e spesa corrente inferiore al 25%.
Il Personale nel DL n. 113/2016
Prof. Arturo Bianco
Sono assai significative, anche se non stravolgenti, le novità dettate in materia di personale dalla legge n. 160/2016, di conversione del DL n. 113/2016, “Misure finanziarie urgenti per gli enti locali ed il territorio”. In particolare si devono segnalare: la abrogazione del vincolo della riduzione della incidenza della spesa del personale su quella corrente; l’aumento delle capacità assunzionali dei piccoli comuni; il superamento della inclusione della spesa per le assunzioni ex articolo 110 comma 1 nel tetto di quelle per le assunzioni flessibili e il piano straordinario di assunzioni di personale educativo e docente da parte dei comuni, ivi compresa la stabilizzazione dei precari.
Ulteriori riflessioni sulla circolare n° 58/2016 dell’INPS (Chiarimenti sul sistema contributivo, misto e retributivo e sul massimale)
Dott. Villiam Zanoni
In attesa delle novità che sicuramente saranno inserite nella prossima “Legge di Bilancio” ed in assenza di altre significative novità, torno sull’argomento relativo alla circolare INPS n° 58 del 1 aprile 2016, poiché sulla base di diversi quesiti che mi sono stati posti mi pare che le idee in circolazione siano tante e confuse. Preme innanzitutto sottolineare che detta circolare contiene 2 blocchi di problemi assolutamente diversi per ambito di applicazione e per criteri di interpretazione:
- uno riguarda il meccanismo attraverso il quale applicare o meno il “massimale” (100.324,00 euro per il 2016) di retribuzione imponibile nel “sistema contributivo” (punti da 1 a 4 della circolare;
- l’altro riguarda il criterio di calcolo (ma non solo) delle pensioni della Gestione Pubblici Dipendenti in funzione della anzianità contributiva al 31.12.1995 (retributivo, misto o contributivo) (punto 5 della circolare.
Lotta alla povertà: ora tocca ai Comuni… e così S.I.A.!
Dott. Daniele Perugini
Saranno ancora una volta gli oltre ottomila Comuni italiani ad interpretare un ruolo da protagonisti nei confronti della cittadinanza più bisognosa: il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) è infatti l’ultimo strumento messo in atto dal Governo per contrastare la povertà, un sussidio economico (erogato attraverso una Carta Acquisti precaricata) alle famiglie in condizioni disagiate, in presenza di minori, disabili o donne in stato di gravidanza accertata. Come disposto dal decreto interministeriale 26 maggio 2016 ai Comuni vengono affidati, tra l’altro, la gestione operativa delle domande, il relativo accoglimento/diniego ed il controllo del rispetto degli specifici progetti personalizzati, elementi essenziali del nuovo strumento assistenziale.
Edizione del 15 Settembre 2016
ORIGINE E PRESUPPOSTI DEL POTERE DISCIPLINARE
Le recenti iniziative legislative in materia di procedimenti disciplinari impongono sempre maggiori approfondimenti e scambi di esperienze. Infatti per poter adottare provvedimenti corretti è necessaria un’ ampia specializzazione sulla materia essendo questa di natura altamente tecnica.
Si rende, quindi, necessario un percorso che parte dai principi-base che sono a fondamento del potere disciplinare per poi procedere gradualmente con l’ analisi di tutte le fasi dello svolgimento dell’ azione disciplinare.
Pertanto è necessario inquadrare correttamente l’argomento partendo da ciò che origina il potere disciplinare quale prerogativa datoriale. In considerazione di ciò va evidenziato che nell’ ambito del sinallagma, che rappresenta il fulcro del rapporto tra datore di lavoro e prestatore di lavoro ed è costituito dallo scambio tra prestazione e controprestazione , vi sono anche degli elementi che devono caratterizzare l’ adempimento del dipendente. In altri termini la prestazione deve essere resa secondo quanto richiesto dagli artt. 2104 e 2105 del c.c.
Per giungere a realizzare lo scopo, quindi, il dipendente è tenuto ad osservare nello svolgimento della prestazione le norme che definiscono l’ obbligo di diligenza e di fedeltà entrambi codificati dai seguenti articoli del codice civile:
2104. Diligenza del prestatore di lavoro.
Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale [c.c. 1176].
Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.
Il primo comma richiama la “diligenza del buon padre di famiglia ” e infatti rinvia all’ art. 1176 del c.c. che riguarda specificamente la diligenza nell’ adempimento del debitore che, a differenza della correttezza e buona fede inerenti il rapporto obbligatorio nel suo complesso, indica le modalità di esecuzione della prestazione e impone al debitore di fare tutto quanto necessario a soddisfare l’ interesse del creditore all’ esatto adempimento.
2105. Obbligo di fedeltà.
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio [c.c. 2125].
Ne consegue che qualora vi fosse una violazione dei suddetti doveri in capo al prestatore di lavoro si configura l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.
Per quanto riguarda, invece, il dovere di fedeltà esso si concretizza nell’ obbligo di astenersi da qualsiasi comportamento che possa risultare pregiudizievole per l’ amministrazione e comporta il divieto di usare l’ impiego a fini personali.
I doveri del dipendente pubblico sono quindi sanciti in parte da norme di diritto positivo, in parte dalle disposizioni contenute dai contratti collettivi nonché dai codici di comportamento o dalla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro.
Prossimamente tali temi verranno analizzati nello specifico con i dovuti approfondimenti.
Intanto per completezza si richiama all’ attenzione dei lettori anche l’art. 2106 , espressamente dedicato alle Sanzioni disciplinari che recita : “L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione
Questa sintetica introduzione al tema ha tracciato il solco nel quale si svilupperà con successivi passaggi l’analisi di tutti gli aspetti che caratterizzano il procedimento disciplinare soffermandosi soprattutto sui risvolti pratici e gestionali e sulle ultime pronunce giurisprudenziali.
Edizione del 15 Settembre 2016
Consiglio di Stato sez. V 31/8/2016 n. 3753
Perentorietà e conseguenza escludente del termine per la verifica dei requisiti speciali su primo e secondo classificato
Il carattere perentorio ed essenziale del termine di cui al comma 2 dell’articolo 48, d.lgs. 163/06, nonché la riconosciuta finalità acceleratoria della sua fissazione e – non da ultimo – le conseguenze immediatamente escludenti che conseguono alla sua violazione non consentono di accordare al concorrente che tale violazione abbia commesso il beneficio dell’errore scusabile, ovvero la sostanziale rimessione in termini connessa all’applicazione del c.d. ‘soccorso istruttorio’ di cui all’articolo 38, comma 2-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006.
A tacere d’altro, laddove si consentisse all’impresa concorrente di accedere – in ipotesi quale quella che qui rileva – al beneficio del soccorso istruttorio, si determinerebbe un’evidente violazione del principio della par condicio concorrenziale, ammettendo che un concorrente (il quale avrebbe dovuto comprovare il possesso dei requisiti di ordine oggettivo sin dalla partecipazione alla gara) non solo possa sottrarsi a tale obbligo senza conseguenze di sorta, ma che vi si possa sottrarre anche successivamente (i.e.: nel momento in cui viene richiesto di procedere alla comprova ai sensi del comma 2 dell’articolo 48, cit.).
Consiglio di Stato sez. IV 25/8/2016 n. 3688
Decorrenza del “termine dimezzato” per impugnare il provvedimento di esclusione
Alla stregua dei consolidati principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Sez. V, n. 671 del 2015; Sez. V, n. 2614 del 2013, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.), il termine di 30 giorni sancito dall’art. 120, co. 5, c.p.a. e 79, co. 5 e 5-bis, codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) per impugnare il provvedimento di esclusione decorre dal momento in cui l’impresa, tramite il suo amministratore o rappresentante, viene edotta, nella sostanza, delle ragioni della esclusione indipendentemente da qualsivoglia successiva comunicazione formale. (..) Il consolidamento della esclusione dalla procedura di gara rende inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’aggiudicazione e, più in generale, di tutti i successivi atti della procedura (cfr. negli esatti termini, Sez. IV, n. 1560 del 2016 cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.).
Consiglio di Stato sez. III 31/8/2016 n. 3754
Informativa antimafia e rilevanza degli elementi non penalmente rilevanti
Secondo la più recente giurisprudenza, in materia di informative antimafia trovano applicazione i seguenti principi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743):
- l'informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, presuppone «concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»; - il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più ‘probabile che non’, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso; … - pertanto, gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione; … - quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l'Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del ‘più probabile che non’, che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto;
… - hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l'Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza - su un'area più o meno estesa - del controllo di una 'famiglia' e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito).
Consiglio Giustizia Amministrativa Regione Sicilia 23/8/2016 n. 275
Ipotesi di immediata impugnazione degli atti d’indizione delle gare pubbliche
Secondo l’impostazione corrente in giurisprudenza, l'impugnazione immediata degli atti d’indizione delle gare pubbliche è ammessa quando si lamenti che le loro clausole impediscano una corretta e consapevole elaborazione della proposta individuale, pregiudicando così il corretto esplicarsi della gara. Più in dettaglio, una situazione siffatta può essere riscontrata dinanzi a clausole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile, o impongano obblighi contrari alla legge, o prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta, ma altresì in presenza di disposizioni abnormi o illogiche che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, o davanti a condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente, o infine al cospetto di gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (C.d.S., III, 23 gennaio 2015, n. 293; in termini, V, 18 giugno 2015, n. 3104)
Consiglio di Stato sez. V 16/8/2016 n. 3638
Divieto di regolarizzazione postuma delle irregolarità previdenziali
Il Collegio ritiene dirimenti ai fini del decidere le statuizioni rese dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio con la sentenza 29 febbraio 2016, n. 5 in ordine alla portata della previsione di cui al comma 8 dell’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013 (la cui previsione trova applicazione anche nella presente vicenda contenziosa).
Con la decisione appena richiamata è stato chiarito che, ai fini della partecipazione alle gare di appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 31, comma 8, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa concorrente essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato di regolarità per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, in tal modo palesando l’irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva.
L’Adunanza plenaria ha quindi chiarito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. ‘preavviso di DURC negativo’), già previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, può operare soltanto nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto.
TAR Sardegna sez. I 11/8/2016 n. 698
Non obbligatorietà del nominativo del subappaltatore in sede di presentazione dell’offerta
In sede di gara pubblica l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili; in sostanza, per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2016, n. 1027).
Ha precisato il Supremo consesso che l'indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell'offerta non è obbligatoria neanche nell'ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all'art.107, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2016, n. 2803). Vanno richiamati i principi affermati dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 11/2015)
Dott. Stefano Usai
L’applicazione corretta del principio di invarianza della soglia di anomalia (ora comma 15 dell’articolo 95 del nuovo codice degli appalti)
La recente pronuncia del Tar Sicilia, Palermo, sez. III, del 22 luglio 2016 n. 1801 ha un pregio particolare perché costituisce contributo concreto alla risoluzione della querelle pratico/applicativa posta dal c.d. principio di invarianza della soglia di anomalia collocata, nel pregresso codice nella parte finale del comma 2-bis dell’articolo 38 mentre, nell’attuale decreto legislativo 50/2016, su indicazione del Consiglio di Stato – espressa nel parere 855/2016 – la previsione è stata allocata, in modo più corretto, nel comma 15 dell’articolo 95 (criteri di aggiudicazione dell’appalto).
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