Edizione del 30 Luglio 2016
Consiglio di Stato sez. V 20/7/2016 n. 3287
Corretta sequenza valutazionale in caso di ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, laddove la procedura di gara sia caratterizzata (come nell'ipotesi di aggiudicazione con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa) da una netta separazione tra la fase di valutazione dell'offerta tecnica e quella dell'offerta economica, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi.
Il principio della segretezza dell'offerta economica è, infatti, presidio dell'attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, predicati dall'articolo 97 della Costituzione, sub specie della trasparenza e della par condicio dei concorrenti, intendendosi così garantire il corretto, libero ed indipendente svolgimento del processo intellettivo - volitivo che si conclude con il giudizio sull'offerta tecnica ed in particolare con l'attribuzione dei punteggi ai singoli criteri attraverso cui quest'ultima viene valutata.
La delineata peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell'offerta economica, impone che la tutela si estenda a coprire, non solo l’effettiva lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio al medesimo, perché anche la sola possibilità di conoscenza dell'entità dell'offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di imparzialità dell'operato dell'organo valutativo (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 29/2/2016, n. 825; Sez. V, 19/4/2013 n. 2214).
Consiglio di Stato sez. III 22/7/2016 n. 3308
Computo del termine di impugnazione: chiarimento della Corte di Giustizia UE e recepimento del medesimo
Il Collegio si riporta alle “considerazioni condivise dalla giurisprudenza della Sezione (cfr. Cons. Stato sez. III 21 marzo 2016 n. 1143; 7 gennaio 2015 n. 25; 25 novembre 2015 n. 5830; 28 agosto 2014 n. 4432) che possono essere qui richiamate.
Il D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) stabilisce:
- all’art.79, che l’Amministrazione deve comunicare a tutti i partecipanti alla gara la c.d. ‘decisione di aggiudicazione’; e che (comma 5 quater) ai candidati non aggiudicatari va consentito l’accesso agli atti del procedimento entro dieci giorni dalla predetta comunicazione;
- ed all’art.120 (quinto comma), che le impugnative avverso gli atti delle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture devono essere proposte nel termine abbreviato di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione in questione.
Ora, secondo l’orientamento di una parte della giurisprudenza, dal combinato disposto delle due norme citate (art.79 ed art.120) non risultava del tutto chiaro se il termine per l’impugnazione dovesse essere fatto decorrere in ogni caso dalla data di avvenuta comunicazione dell’aggiudicazione; ovvero dalla data di avvenuta conoscenza degli altri atti (relativi al procedimento di aggiudicazione) a seguito dell’accesso documentale (C.S., III^, sentenze n. 2407 del 24.4.2012 e n. 1428 del 14.3.2012).
… La Corte di Giustizia ha chiarito al riguardo - con decisione della V^ Sezione, 8.5.2014, in causa C-161/13 - che l’art.120 cit. dev’essere interpretato nel senso che il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre e comunque dal momento della comunicazione di cui all’articolo 79 cit.; ma, nel caso in cui emergano vizi riferibili ad atti diversi da quelli ‘comunicati’, dal giorno in cui l’interessato abbia avuto piena ed effettiva conoscenza, proprio in esito all’accesso, degli atti e delle vicende fino ad allora rimasti non noti.
E poiché, come si è visto, il termine per effettuare l’accesso è stato fissato dal Legislatore in soli dieci giorni (e ciò in ragione delle esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento in materia di affidamento di lavori, forniture e servizi pubblici), la giurisprudenza ha affermato (cfr. C.S., III^, 28.8.2014 n.4432) che nelle pubbliche gare d’appalto il c.d. ‘termine breve’ per l’impugnazione degli atti e/o provvedimenti che non siano stati trasmessi unitamente alla comunicazione della decisione di aggiudicazione e che costituiscono oggetto dell’accesso (id est: degli atti non immediatamente conosciuti in occasione della comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione) può essere incrementato, al massimo, di dieci giorni (fermo restando, beninteso, che se la P.A. rifiuta illegittimamente di consentire l’accesso, il termine non inizia a decorrere; gli atti non visionati non si consolidano ed il potere di impugnare, dell’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa, non si ‘consuma’)” (così, testualmente, Cons. Stato Sez. III, 21 marzo 2016 n. 1143)
TAR Lombardia Milano sez. IV 22/7/2016 n. 563
Stand-still e divieto di stipulazione in caso di istanza cautelare
Sia l’art. 11 comma 10 ter del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sia l’art. 32, XI comma, del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dispongono che, se è proposto ricorso avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che, entro tale termine, intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva; (..) in relazione all’ultima parte della disposizione, si deve senz’altro affermare che il divieto di stipulazione travalica il limite dei venti giorni, ove ciò dipenda dai tempi occorrenti per emettere la pronuncia giurisdizionale.
TAR Friuli Venezia Giulia 15/7/2016 n. 358
Dies a quo del termine per l’esercizio dell’azione risarcitoria
Il dies a quo del termine di centoventi giorni fissato dall’articolo 30, comma 3, Cod. proc. amm. per l’esercizio dell’azione risarcitoria è nel caso di specie da individuarsi nella ricezione da parte della società ricorrente della comunicazione della stazione appaltante ex articolo 79, comma 5, lettera a), D.Lgs. n. 163/2006 di avvenuta aggiudicazione definitiva dell’appalto in questione al RTI controinteressato. (..) Né può ritenersi sospeso il suvvisto termine di esercizio dell’azione risarcitoria dalla attivazione da parte dell’interessata della procedura volta alla pronuncia di un parere sulla questione controversa da parte dell’ANAC. Invero, in assenza di specifica previsione normativa in tal senso, il termine perentorio per il ricorso ai rimedi di ordine giudiziale continua a decorrere, pur in pendenza del procedimento – sicuramente privo di valenza giurisdizionale - avanti l’Autorità di vigilanza del settore (cfr., T.A.R. Molise, sentenza n. 711/2013; T.A.R. Abruzzo – Pescara, sentenza n. 102/2014). (..) E’, altresì, da escludersi che possa avere efficacia sospensiva del termine di esercizio dell’azione risarcitoria la volontà manifestata dalla società (..) di attendere il parere di ANAC.
Obbligo del concorrente di fornire indicazione degli oneri di sicurezza
L’indicazione degli oneri della sicurezza costituisce un dato indefettibile, che il concorrente deve fornire alla stazione appaltante se non nell’offerta, perlomeno in fase di verifica di congruità dell’offerta stessa, allo scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere all’onere – sussistente anche al di fuori del procedimento di verifica delle offerte anomale – di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all'entità ed alle caratteristiche del servizio (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 28 settembre 2015, n. 4537). Per le medesime ragioni è doverosa, del resto, anche l’indicazione del costo del lavoro.
Consiglio di Stato sez. VI 13/7/2016 n. 3139
La mancata indicazione degli oneri di sicurezza non è sanabile con il soccorso istruttorio
La previsione della lex specialis circa la necessaria indicazione, nell’ambito dell’offerta economica, degli oneri di sicurezza c.d. interni o aziendali deve ritenersi conforme alla disciplina legislativa di cui al combinato disposto degli artt. 86, comma 3 bis, 87, comma 4, d.lgs. n. 163/2006 e 26, comma 6, d.lgs. n. 81/2008, la quale, espressamente riferita agli appalti di servizi e forniture, prescrive tale obbligo (v. Ad. Plen. n. 3/2015, che, nel statuire tale obbligo per gli appalti lavori, muove dal presupposto interpretativo della sua espressa previsione legislativa per il settore dei servizi e delle forniture, con conseguente manifesta infondatezza della tesi del r.t.i. appellante circa l’inapplicabilità di tale disciplina al settore degli appalti di servizi); pertanto, per un verso, la lex specialis e' legittima e, per altro verso, sarebbe impossibile per la stazione appaltante attivare il soccorso istruttorio in quanto l’offerta e' mancante di un elemento essenziale, pena altrimenti la violazione del principio della par condicio competitorum (v. Ad. Plen. n. 3/2015 e n. 9/2015).
Un dipendente che svolge la sua attività in una giornate festiva essendo stato preventivamente collocato in servizio in tale data ha diritto a compensi ulteriori e/o al recupero della giornata?
La risposta è negativa per una parte rilevante della giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, nonché per l’Aran, il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Ragioneria Generale dello Stato. Viene messo in evidenza che la erogazione della indennità di turno festiva deve essere considerata come onnicomprensiva. Si deve sottolineare che per una parte della giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, sia pure non di recente, e per le organizzazioni sindacali in questo caso occorre dare corso alla remunerazione ex articolo 24 del CCNL 14.9.2000 (cd code contrattuali) ed al recupero della giornata. E’ da considerare acquisito che tale disposizione si applichi nel caso di dipendente che svolge in modo aggiuntivo rispetto al proprio normale orario di lavoro tali prestazioni.
Un dipendente che percepisce la indennità di turno può percepire il compenso per il disagio per remunerare le condizioni di difficoltà determinate dalla necessità di dovere lavorare con orari diversi?
La erogazione della indennità di turno remunera completamente ed integralmente il disagio determinato dalla articolazione dell’orario con modalità che determinano condizioni di difficoltà al dipendente. In questi casi il compenso per il disagio non può essere erogato, tranne che esso remuneri la presenza di elementi ulteriori che non afferiscono alla articolazione dell’orario di lavoro.
Le condizioni per la turnazione del personale fissate dal contratto collettivo nazionale di lavoro del 14 settembre 2000 sono da ritenere tassative?
Le condizioni fissate dal contratto collettivo nazionale di lavoro del 14 settembre 2000, cd code contrattuali, per la turnazione sono da ritenere tassative. Esse possono essere così sintetizzate:
- orario di servizio articolato per almeno 10 ore;
- durata ininterrotta dell’orario di servizio;
- articolazione in modo equilibrato nell’arco mensile dell’orario di lavoro dei dipendenti tra i vari turni.
Prof. Arturo Bianco
Le più recenti indicazioni dell’ ARAN
Al dipendente può essere richiesto di svolgere le proprie attività anche durante la festa del santo patrono; il compenso da erogare in questo caso è quello previsto per le attività aggiuntive svolte durante le giornate festive infrasettimanali e le eventuali assenze devono essere giustificate con gli strumenti ordinari. Anche i dipendenti in part time se la loro prestazione risponde ai requisiti previsti dal contratto nazionale ed alla regolamentazione che l’amministrazione si è data hanno diritto alla fruizione dei buoni pasto. Sono queste le principali indicazioni contenute, rispettivamente, nei recenti pareri dell’Aran Ral 1851 e 1849.
Avv. Carmine Podda
Oneri di sicurezza aziendale negli appalti pubblici: siamo (forse) alle battute finali!
Analisi della vexata questio circa la legittimità o meno dell’esclusione dalla gara in caso di mancata indicazione nell’offerta degli oneri per la sicurezza, tra Corte di Giustizia UE e Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – Ordinanza 20 giugno 2016 n. 2703
Appalti di servizi e forniture – Esclusione per omessa indicazione nell’offerta degli oneri di sicurezza aziendale –Sospensione del giudizio in attesa di una pronuncia della Corte di Giustizia U.E.
Consiglio di Stato sez. V 28/6/2016 n. 2903
Validità della certificazione ambientale EMAS
La certificazione EMAS, ai sensi del d.m. 13 febbraio 2014, costituisce un mezzo di prova – alternativo ad altre certificazioni e non avente carattere assorbente – del requisito di gestione ambientale posseduto dall’impresa.
La registrazione EMAS (acronimo di Eco-Management and Audit Scheme) è uno strumento volontario proposto dalla Comunità Europea, al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali su una corretta gestione ambientale.
Non costituisce affatto l’unica certificazione sul possesso di un adeguato sistema di gestione ambientale.
L’art. 44 del d.lgs. n. 163 del 2006 richiama l’art. 42, comma 1, lett. f) d.lgs. cit. che individua fra i modi di in cui è possibile fornire “la dimostrazione delle capacità tecniche” l’indicazione “delle misure di gestione ambientale che l’operatore potrà applicare durante la realizzazione dell’appalto”.
Sicché la normativa applicabile iscrive la certificazione EMAS fra i requisiti di capacità tecnica suscettibili d’avvalimento.
Consiglio di Stato sez. III 30/6/2016 n. 2952
Corretto ricorso al contratto di avvalimento
Il Collegio non ignora (e, anzi, condivide) l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui l’avvalimento non può risolversi nel prestito di un valore soggettivo puramente cartolare e astratto, ma deve, al contrario, contenere il puntuale e concreto impegno dell’impresa ausiliaria di mettere a disposizione di quella ausiliata le risorse economiche, i mezzi strumentali e, più in generale, l’apparato organizzativo effettivamente necessari alla partecipazione alla gara e all’esecuzione dell’appalto (cfr. ex multis Cons St., sez. III, 29 gennaio 2016, n. 346), ma reputa che, nella fattispecie esaminata, i predetti requisiti risultino integrati. (..) Fermo restando, infatti, che il contratto di avvalimento non può risolversi nella indeterminata e tautologica ripetizione letterale della formulazione lessicale della disposizione legislativa di riferimento, ma esige la declinazione negoziale di un vincolo puntuale ed univoco al “prestito” dei requisiti organizzativi, tecnici o finanziari di cui difetta l’impresa ausiliata per la partecipazione alla procedura, l’indagine circa l’efficacia del contratto allegato al fine di attestare il possesso dei relativi titoli partecipativi dev’esser svolta in concreto, avuto riguardo, cioè, al tenore testuale dell’atto ed alla sua idoneità ad assolvere la precipua funzione di garanzia assegnata all’istituto dall’art.49 del d.lgs. n 163 del 2006 (allora vigente).
Consiglio di Stato sez. V 28/6/2016 n. 2912
Illegittimità in caso di inserimento clausola contenente soglia di ribasso massimo sul prezzo
E' illegittima la norma del bando di gara con cui e' stato posto un limite alla facoltà dei concorrenti di proporre ribassi sul prezzo, stabilendo che oltre la soglia stabilita, ogni ulteriore ribasso sarebbe irrilevante ai fini dell’attribuzione del punteggio.
La trascritta norma di gara introduce un’inammissibile limite alla libertà degli operatori economici di formulare la proposta economica sulla base delle proprie capacità organizzative e imprenditoriali, pregiudicando, sino di fatto ad annullarlo, il confronto concorrenziale sull’elemento prezzo.
L’avversata clausola, quindi, ad un tempo, produce un effetto distorsivo della concorrenza e pregiudica la libertà d’iniziativa economica, risultando, conseguentemente, lesiva dei correlativi principi sanciti, in materia di appalti, a livello euro-unitario e nazionale.
La limitazione introdotta con l’avversata clausola della lex specialis, non può, poi, trovare giustificazione nell’esigenza di garantire che il prezzo proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro e a salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL, atteso che tali finalità devono essere perseguite attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art. 87, del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che consente di escludere dalla gara, all’esito del procedimento di verifica ivi contemplato, le offerte risultate anormalmente basse.
TAR Emilia Romagna Parma sez. I 30/6/2016 n. 223
Ancora sulla vexata questio degli oneri per la sicurezza
In mancanza di una chiara previsione nella lex specialis di gara dell’obbligo di specificare i prezzi relativi agli oneri per la sicurezza, anche solo mediante un riferimento alle norme che prevedono tale obbligo, nulla legittima l’esclusione della offerta che non contenga una specificazione di detti costi (cfr. CdS III 1375/2015); la stessa Adunanza Plenaria n. 9/2015, che conferma l’esclusione della sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta (Ad. Pl. 3/2015), nel valutare la sussistenza di altre ipotesi di esclusione a carico dei concorrenti ha precisato che una simile conseguenza possa derivare solo dalla espressa previsione della regola che si assume violata all’interno del bando di gara ovvero in caso di violazione sostanziale del precetto (così in CdS V 1090/2016); come rilevato anche dalla giurisprudenza del giudice di appello (v. CdS V 3056/2014 e da ultimo V, 1090/2016), il fine che la disposizione che prevede l’obbligo di specificare i costi per la sicurezza può essere realizzato anche attraverso una specifica valutazione della congruità del costo per la sicurezza nella appropriata sede della verifica dell’anomalia dell’offerta.
TAR Piemonte sez. II 8/7/2016 n. 987
Risarcimento del danno in caso di mancato affidamento
Secondo il più recente indirizzo giurisprudenziale, “In caso di risarcimento del danno da mancato affidamento di gare pubbliche di appalto, non è necessario provare la colpa dell'Amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività previsto dalla normativa comunitaria e le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che qualsiasi violazione degli obblighi di matrice comunitaria consente alla impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell'ente e alla imputabilità soggettiva della lamentata violazione” (Consiglio di Stato, sez. III, 10 aprile 2015 n. 1839; T.A.R. Venezia, sez. II, 14 marzo 2016 n. 279).
Il danno risarcibile deve essere limitato al lucro cessante, corrispondente all'utile che la ricorrente avrebbe ritratto dall'esecuzione del contratto, se la procedura di selezione si fosse svolta legittimamente (Consiglio di Stato, sez. VI, 15 settembre 2015 n. 4283).
In particolare, il lucro cessante ricomprende sia il mancato profitto, da quantificare sulla base dell'utile che effettivamente l'impresa pretermessa avrebbe conseguito ove fosse risultata aggiudicataria (e non calcolato utilizzando il criterio forfetario di una percentuale del dieci per cento del prezzo a base d'asta), sia il danno c.d. curriculare che, invece (ferma la sua puntuale allegazione), può essere equitativamente liquidato in una percentuale del mancato profitto effettivamente provato” (Consiglio di Stato, sez. V, 31 dicembre 2014 n. 6450).
TAR Campania Napoli sez. VIII 8/7/2016 n. 3487
Decorrenza del termine decadenziale per impugnare un atto di esclusione dalla gara
Per costante giurisprudenza (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 2014 n. 6156), quanto alla decorrenza del termine decadenziale per impugnare un atto di esclusione dalla gara, assume rilievo il momento in cui il rappresentante dell’impresa ha avuto conoscenza della sua esclusione nel corso della seduta pubblica alla quale egli partecipava in base a delega e con presenza fatta constare a verbale, posto che la presenza di un delegato della concorrente nella seduta in cui la commissione giudicatrice ha deciso l’esclusione comporta ex se la piena conoscenza dell’atto lesivo ai fini della decorrenza del termine di legge per l’impugnazione suddetta; (..) che, in ragione di ciò, inammissibile risulta l’ulteriore censura relativa alla posizione della ditta aggiudicataria – circa la presunta carenza di uno dei requisiti di partecipazione alla selezione –, alla luce del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il soggetto definitivamente escluso dalla gara non è legittimato ad impugnare le ulteriori fasi della procedura concorsuale perché versa in condizioni analoghe a chi ne è rimasto estraneo (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2016 n. 1650);
Dott. Stefano Usai
Dubbi sulla presidenza delle commissioni di gara nel periodo transitorio
Il nuovo codice degli appalti, impone di esprimere ulteriori considerazioni sulla commissione di gara che la stazione appaltante è tenuta a nominare nel caso di appalto da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Le disposizioni codicistiche, oggettivamente, pongono più di un problema pratico/operativo soprattutto nella fase di gestione transitoria prima dell’avvio dell’Albo delle commissioni e, in particolare nel sottosoglia comunitario, destinate a reiterarsi nel tempo. Da notare che l’ANAC ha trasmesso in questi giorni al correlata linea guida – sui criteri di nomina dei commissari – al Consiglio di Stato ed alle commissioni delle camere per ottenere i pareri considerata la rilevanza delle previsioni.
Dott. Villiam Zanoni
La Corte torna sui suoi passi e forse fa una inversione a U
Ci siamo più volte occupati l’anno scorso di tutta una serie di effetti che sono scaturiti da un pronunciamento della Corte Costituzionale (sentenza n° 70/2015) che aveva ad oggetto gli interventi normativi dell’emergenza contenuti nel decreto “salva Italia”, ed in particolare il blocco temporaneo del meccanismo di adeguamento al costo vita per le pensioni di importo superiore a 3 volte in trattamento minimo, dichiarato illegittimo. Altrettanto avevamo fatto in passato in occasione di altri pronunciamenti della stessa Corte, in particolare quando un’altra sentenza (n° 116/2013) si pronunciò sulla stessa normativa nella parte in cui modificava manovra estiva del 2011 (D.L: n° 98/2011) introducendo il contributo di solidarietà dichiarandolo illegittimo.
Dott. Francesco Disano
Calcolo parallelo con doppia simulazione degli assegni di quiescenza
Con il messaggio n. 2214 del 19.05.2016 ( non pubblicato, peraltro, sul proprio sito istituzionale ), l’Inps ha diramato ulteriori istruzioni operative in ordine all'applicazione delle novità introdotte dai commi 707 e 708 dell’art. 1 della Legge n. 190/2014 (finanziaria 2015), riguardanti il calcolo della misura del trattamento pensionistico dei dipendenti cosiddetti "ex retributivi". La riforma del 2011 ( legge Fornero ) ha introdotto, dal 2012, la quota contributiva anche per quei soggetti che, avendo alla data del 31.12.1995 almeno 18 anni di contribuzione, non erano stati interessati fino ad allora dal sistema contributivo. Questa novità ha comportato come, fatto consequenziale, che spesse volte ci si è trovati di fronte alla l'erogazione di trattamenti pensionistici di maggior favore, perché gli interessati hanno potuto sommare ai benefici di una pensione calcolata con le regole del sistema interamente retributivo anche quote aggiuntive calcolate con il sistema contributivo.
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