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Le Assunzioni di Personale a Tempo Indeterminato da parte di Regioni ed Enti Locali

Prof. Arturo Bianco

direttoreRiassumiamo le disposizioni che sono attualmente in vigore (intendendo come tale le novità dettate dal DL n. 113/2016) in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato da parte di regioni ed enti locali.

Per potere dare corso ad assunzioni di personale le amministrazioni devono rispettare i seguenti obblighi:

Edizione del 30 Settembre 2016

Consiglio di Stato sez. V 13/9/2016 n. 3854

Inammissibilità della regolarizzazione postuma in caso di irregolarità contributiva

Ai fini della partecipazione alle gare di appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante. Risulta quindi irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva(in tal senso: Cons. Stato, Ad. Plen. 29 febbraio 2016, n. 5). 
L’Adunanza plenaria di questo Consiglio ha altresì chiarito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (che già era previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 ed oggi risulta recepito a livello legislativo dall’articolo 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, di cui le appellanti lamentano la violazione) può operare unicamente nei rapporti tra l’impresa concorrente e l’Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) del previgente ‘Codice dei contratti’ ai fini della partecipazione alla procedura di gara.


Consiglio di Stato sez. V 13/9/2016 n. 3855

Limiti alla insindacabilità della verifica di congruità nei giudizi di anomalia

Il giudizio sull'anomalia delle offerte presentate nelle gare pubbliche di appalto è ampiamente discrezionale e il sindacato va limitato ai casi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza. 
Il vaglio del Giudice può riguardare le valutazioni della Stazione Appaltante unicamente sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, ma non può consistere in una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, con conseguente invasione della sfera propria della P.A. (da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 13 giugno 2016, n. 2524 e Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36. In senso analogo - ex multis - Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211; Sez. V, 25 gennaio 2016, n. 242, 21 settembre 2015, n. 4431, 15 giugno 2015, n. 2953, 9 aprile 2015, n. 1813, 16 febbraio 2015, n. 801; Sez. VI, 5 giugno 2015, n. 2770, 26 maggio 2015, n. 2662).


TAR Lazio Roma sez. II ter 5/9/2016 n. 9543

Revoca della procedura di gara a seguito della della aggiudicazione definitiva

Secondo la giurisprudenza, in linea di principio l’unico limite alla possibilità di esercitare un potere di revoca della procedura di gara è costituito dall’avvenuta stipula del contratto (v. ad es. Cons. Stato Sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4934 e Consiglio di Stato sez. III 29 luglio 2015 n. 3748), anche se, ovviamente, va tenuta distinta la fase anteriore all’aggiudicazione definitiva dalla sussistenza di quest’ultima, che è idonea a costituire un principio di affidamento in capo alla concorrente che ne sia destinataria, così che, una volta intervenuta l’aggiudicazione provvisoria non è richiesto un particolare onere motivazionale a sostegno della revoca del procedimento (v. ad es. T.A.R. Salerno, sez. I 04 dicembre 2015 n. 2544), mentre dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, la revoca è pur sempre possibile, salvo un particolare e più aggravato onere di motivazione (sulla revocabilità dell’aggiudicazione provvisoria, vedasi ad es. Cons. Stato Sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 67).


TAR Lazio Roma sez. III 12/9/2016 n. 9656

Soccorso istruttorio e sanzione pecuniaria

Il combinato disposto degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163/2006, oltre a disciplinare il soccorso istruttorio per le ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive, prevede l'esclusione dalla procedura come sanzione derivante unicamente dall'omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni carenti entro il termine assegnato dalla stazione appaltante e non più da carenze originarie.

Ne consegue che la sanzione dovuta alla stazione appaltante per sanare le irregolarità o l’incompletezza documentale dovrà essere versata solo per le ipotesi in cui l’operatore economico intenda proseguire nella gara, costituendo tale sanzione una sorta di corrispettivo in favore della stazione appaltante, connesso all’aggravamento del procedimento derivante dal ricorso al soccorso istruttorio; viceversa qualora il partecipante non intenda avvalersi di tale beneficio, preferendo non proseguire la propria partecipazione alla gara, la procedura selettiva proseguirà più velocemente.


Consiglio di Stato sez. V 13/9/2016 n. 3866

Termine di vincolatività dell’offerta

L'art. 11 comma 6 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 − a norma del quale nelle gare d'appalto l'offerta del concorrente è vincolante per il periodo indicato nel bando e, in caso di mancata indicazione per 180 giorni decorrenti dalla scadenza del termine per la sua presentazione, salvo che la Stazione appaltante chieda ai concorrenti il differimento di tale termine − è posto a protezione e tutela dell'offerente, il quale, decorso il termine, può ritenersi sciolto dall'offerta presentata; pertanto, la sussistenza del "vincolo" non significa che l'offerta decade ex lege decorso il termine, ma solo che l'offerente può svincolarsi da essa e se non dichiara di ritenersi sciolto, l'offerta non decade, con la conseguenza che la circostanza che allo scadere dei predetti 180 giorni il concorrente non abbia dichiarato di voler mantenere l'offerta non comporta la decadenza dell'offerta medesima.


TAR Toscana sez. I 16/9/2016 n. 1364

Irregolarità insanabile in caso di mancata sottoscrizione dell’offerta

La mancata sottoscrizione di un atto, che costituisce la domanda di partecipazione alla gara, da parte di un concorrente non può essere considerata, in via di principio, un'irregolarità solo formale sanabile nel corso del procedimento, atteso che essa fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso; né possono essere assimilate alla sottoscrizione i timbri o la firma prestampata o fotocopiata, giacché la sottoscrizione autografa è lo strumento mediante il quale l'autore fa propria la dichiarazione anteposta, consentendo così non solo di risalire alla paternità dell'atto, ma anche di rendere l'atto vincolante verso i terzi destinatari della manifestazione di volontà; ne consegue che l'apposizione della firma deve avvenire esclusivamente in originale in calce ovvero in chiusura del documento, come volontà di adesione a quanto precede. Deve trattarsi di firma autografa, e non fotocopiata o prestampata, in quanto solo la diretta apposizione da parte del dichiarante può valere a ricondurre il contenuto del documento a lui. Non rileva l’allegazione del documento di identità, che funge da strumento sostitutivo dell’autenticazione di una sottoscrizione effettiva, e non impressa a stampa o fotocopiata.
Tali conclusioni valgono anche alla luce dell’art. 83, comma 9 ultimo periodo, del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di irregolarità che non consente l’individuazione del soggetto responsabile, in quanto non è riconoscibile l’effettivo autore dell’apposizione di una firma a stampa in calce al documento.

Edizione del 30 Settembre 2016

I Doveri del Dipendente Pubblico

l dipendente pubblico, oltre ai doveri che derivano dal dettato costituzionale codificati dagli artt. 54,97 e 98, è tenuto a fedeltà e diligenza, sanciti, come per il rapporto di lavoro privato, dagli artt. 2104 e 2105 c.c.

Inoltre i doveri degli impiegati trovano precisa declinazione anche nella contrattazione collettiva, le cui disposizioni vanno sempre coordinate con la legislazione ordinaria e speciale.

La disciplina pattizia detta in maniera puntuale i doveri e gli obblighi dei pubblici dipendenti elencandoli in apposite disposizioni contrattuali.

Inoltre la definizione dei doveri del dipendente trova la sua sedes materiae nel Codice di comportamento, recepito in allegato ai contratti collettivi e coordinato con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare, nonché nei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, contenenti eventuali integrazioni e specificazioni al codice generale.

Il D.M. 31-3-1994, approvato all’indomani della privatizzazione, è stato il primo codice di comportamento “generale” seguito dal D.M. 28-11-2000, che definiva nel dettaglio gli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità della condotta del pubblico dipendente. Successivamente l’art. 54 del D.Lgs. 165/2001, sostituito dalla L.190/2012, ha stabilito la definizione di un nuovo codice di comportamento dei pubblici dipendenti, che assicurasse la qualità dei servizi, la prevenzione della corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. Conseguentemente è stato adottato, il D.P.R. 16-4-2013, n. 62, che ha sostituito il previgente del 2000, e attualmente costituisce il punto di riferimento fondamentale per delineare il sistema dei doveri (e delle responsabilità) dei pubblici dipendenti e si inserisce in un contesto di riforma della P.A. finalizzato al recupero della legalità, della trasparenza e della democraticità dell’azione amministrativa.

La violazione dei doveri recati dal codice oltre ad essere fonte di responsabilità disciplinare é rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile nel caso essa sia collegata alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti.

Il D.P.R. 62/2013 e i codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni definiscono i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare. 

In realtà i principi generali  del nuovo codice (art. 3) ricalcano in larga parte quelli enunciati dal previgente codice del 2000. Infatti, il pubblico dipendente:

— osserva la Costituzione e serve la Nazione con disciplina ed onore, conformando la propria condotta ai principi di buon andamento  e imparzialità dell’azione amministrativa;

— svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione  o dei poteri di cui è titolare;

— rispetta i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità  e ragionevolezza  e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi;

— non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione: prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti;

— esercita i propri compiti orientando l’azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia e nella gestione di risorse pubbliche segue una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati;

— nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa assicura la piena parità di trattamento  a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell’azione amministrativa o che comportino discriminazioni di qualsiasi genere;

— dimostra la massima disponibilità e collaborazione  nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente. Rispetto alla passata disciplina l’attuale codice ha introdotto alcune innovazioni, prima fra tutte è la disciplina in tema di regali, compensi e altre utilità.

Il dipendente, infatti, non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico  valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali (ossia quelli di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto). A tal proposito risulta importante anche il nuovo richiamo alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione di cui alla legge anticorruzione (L. 190/2012).  In particolare, il dipendente deve attenersi alle prescrizioni contenute nel Piano per la prevenzione della corruzione, prestando la sua collaborazione al responsabile della prevenzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnalando  al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito di cui sia venuto a conoscenza.

Inoltre tra i doveri, vanno altresì richiamati quelli connessi al rispetto del principio di trasparenza  nell’ambito dell’organizzazione dei pubblici uffici, previsto dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in base al quale il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza stabiliti per le pubbliche amministrazioni, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

Dal predetto art. 98 Cost. (secondo cui i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione) discende anche il dovere di esclusività in base al quale il pubblico dipendente è tenuto a riservare la propria attività lavorativa solo all’amministrazione di appartenenza.

In tale contesto si innesta anche la disciplina in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi codificata dall’art. 53  D.Lgs. 165/2001, come novellato dalla L. 190/2012 e dal D.L. 101/2013, conv. in L. 125/2013, che si applica sia ai dipendenti privatizzati  che a quelli in regime di diritto pubblico.

Secondo tale disposizione, il pubblico impiegato non  può svolgere attività commerciali, imprenditoriali, industriali, artigiane e professionali  in costanza di rapporto di lavoro. Tale dovere viene meno solo in caso di impiego part time  non superiore al 50% dell’orario ordinario.

Il dipendente, inoltre, può svolgere solo gli incarichi previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza o che siano comunque previsti o disciplinati dalla legge o da altre fonti normative. In mancanza di tale autorizzazione non possono essere conferiti incarichi, né da parte delle PP.AA. né da parte di enti pubblici economici e soggetti privati.

Gli incarichi retribuiti di cui si parla nell’art. 53 sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e nei doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso.

 Sono esclusi  da tale ambito i compensi derivanti:

— dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

— dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;

— dalla partecipazione a convegni e seminari;

— da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

— da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;

— da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

— da attività di formazione diretta ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, nonché di docenza e ricerca scientifica.

In generale, si conferma il divieto di conferimento degli incarichi atipici, ossia non correlati a compiti e doveri d’ufficio previsti dalla legge; la disciplina delle incompatibilità viene raccordata a quella sul conflitto di interessi, statuendo che l’eventuale autorizzazione a ricoprire incarichi esterni al rapporto di lavoro avvenga sulla base di criteri oggettivi e predeterminati idonei a scongiurare potenziali situazioni di conflitto.

Infine vanno segnalate le recenti modifiche all’ art. 55-quater del d.lgs. 165/2001, introdotte dal d.lgs. 116 del 20 giugno 2016, di contrasto al fenomeno dell’ assenteismo che saranno oggetto di successiva e più approfondita analisi.

Corte Costituzionale e Valore Sociale delle Coppie di Fatto

Dott. Villiam Zanoni

pensioniprevDopo la pausa feriale la Corte Costituzionale ci ha regalato una ennesima sorpresa. In verità la decisione era già stata presa il 5 luglio 2016, ma la sentenza n° 213/2016 con le relative motivazioni è stata depositata il 23 settembre e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 28 settembre, per cui oggi siamo in grado di commentare la vicenda. Il dato di fatto da cui è nata la controversia e le modalità con cui si è sviluppata sono abbastanza curiosi per una serie di fattispecie.

Usuranti: si prospettano novità dal 01.01.2017

Dott. Francesco Disano

pensioniprevUna delle possibili  “ varianti “, correttiva  alla Legge Fornero, che potrebbe essere  introdotta  nella prossima  legge  di stabilità per l’anno  2017  riguarda alcuni benefici per coloro  che svolgono attività definite ai sensi del decreto  legislativo n.  67/2011 come particolarmente faticose ed usuranti o notturni. Si tratta di uno degli eventuali  possibili  correttivi in arrivo,  sebbene una  decisione definitiva sarà adottata  nei prossimi giorni, in  occasione  degli incontri con le  organizzazioni  sindacali.

Il parere del Consiglio di Stato sulla linea guida ANAC in tema di acquisti nel sotto soglia comunitario (prima parte)

Dott. Stefano Usai

llppCon il recentissimo parere del 13 settembre 2016 n. 1903 il Consiglio di Stato – meglio la commissione speciale appositamente incaricata – ha espresso il proprio parere, richiesto volontariamente dall’ANAC, sulla linea guida relativa alle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici.

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 Edizione del 15 Settembre 2016


La cartella non notificata riapre i termini per l’opposizione!  A rischio le iscrizioni a ruolo!

La mancata notifica della cartella di pagamento mette in discussione,e giustamente, il credito iscritto a ruolo dall’ente ,ponendo il contribuente nelle condizioni di ricorrere anche  a posteriori  impugnando l’iscrizione a ruolo di cui avrebbe avuto semplice notizia attraverso un’indagine conoscitiva svolta presso gli uffici del Concessionario.

Questo è quanto afferma la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 17789 del 08/settembre  2016  con cui sostanzialmente conferma la legittimità dell’impugnazione del contribuente avverso l’estratto di ruolo, attivata molti anni dopo l’emanazione della cartella di cui non era stata provata la rituale tempestiva notifica.

Per gli Ermellini “il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”, anche perché “l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisce l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non esclude la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima”.


La notifica ai familiari è valida anche se non conviventi

Relativamente alla notifica a mani diverse dal contribuente si sono scritti fiumi di parole e la giurisprudenza spesso contrastante non si è certamente risparmiata. Analizzando il secondo comma dell’art. 139 del cpc,che poi è la norma base, anche per le notifiche tributarie, in quanto espressamente richiamato dell’art.60 del DPR.600/73,così si legge” Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario ( il messo comunale)  consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, allo ufficio o all’azienda , purchè non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.

La questione da sempre dibattuta riguarda lo status di “ convivente” della persona di famiglia,occorre cioè stabilire se,la persona di famiglia che si riceve l’atto notificato, deve essere “convivente”, cioè deve vivere sotto lo stesso tetto del destinatario.

Ebbene,per molto tempo anche varia giurisprudenza ha ritenuto indispensabile che la persona di famiglia fosse e quindi si dichiarasse convivente.

Ultimamente invece si è manifestata  da parte della giurisprudenza una forte tendenza  in senso contrario, confermata dalla recente sentenza della Cassazione n. 16499 dello scorso 05 agosto 2016 che conferma la legittimità della notifica eseguita a mani della cognata del contribuente, presso il domicilio di quest’ultimo, anche se non  convivente.

A seguito dell’opposizione proposta dal destinatario che eccepiva proprio che la cognata non “ conviveva con il contribuente” i Supremi giudici affermano che “il fatto che dalla “certificazione anagrafica” è emerso che la donna “non conviveva con il contribuente”.è irrilevante. Continua la Cassazione chiarendo che “il concetto di ‘persona di famiglia’” è ora ampio, fino a ricomprendervi “non solo i parenti ma anche gli affini”, e senza alcun riferimento specifico alla “convivenza col destinatario” dell’“atto”.

Le amministrazioni locali che erano soggette al patto di stabilità possono finanziare assunzioni di personale a tempo indeterminato con i resti delle capacità assunzionali del triennio precedente non utilizzati?

Le amministrazioni locali possono utilizzare i resti delle capacità assunzionali del triennio precedente che non sono già stati utilizzati per finanziare nuove assunzioni. Quindi nel 2016 si possono utilizzare i resti delle capacità assunzionali del 2013 (per questo anno vi sono pareri differenti tra le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti), del 2014 e del 2015. Vi sono pareri differenti tra le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti sulla necessità che la utilizzazione di queste capacità assunzionali fosse già stata programmata nel fabbisogno.

Quali sono i tetti per le assunzioni di personale nel 2016 negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità?

Negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità il tetto è fissato in relazione al numero dei dipendenti cessati, viene cioè consentito il turn over completo. Sulla base delle previsioni della legge di stabilità 2016 si può andare fino al 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni.

Quali sono i tetti di spesa per le assunzioni di personale nel 2016 negli enti che erano soggetti al patto di stabilità?

Il tetto di carattere generale è fissato nel 25% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente. Questa percentuale sale allo 80% per le assunzioni del personale in sovrannumero degli enti di area vasta. Essa sale al 75% per i comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti che hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione inferiore a quello previsto per gli enti dissestati. Arriva per il solo 2016 al 100% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente negli enti che hanno un rapporto tra spesa del personale e spesa corrente inferiore al 25%.

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